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Con la fine dell’anno scolastico si tirano le somme del percorso svolto e per molti studenti l’esito (più o meno atteso) è la bocciatura.

Anche in una situazione come questa è possibile trovare delle risorse utili da sfruttare per poter proseguire nel modo più efficace possibile il proprio percorso personale, a patto di riuscire ad evitare alcune trappole mentali che rischiano di bloccarci e rendere difficile riprendersi da un fallimento scolastico.

Due tra le più frequenti tra queste trappole mentali sono legate all’attribuzione di colpa: “è colpa dei prof, ce l’avevano con me!”, ma anche “è tutta colpa mia, sono una bestia!”.

Entrambe queste idee semplificano il problema del fallimento scolastico: la prima attribuendo la  responsabilità ad altri ed impedendo la messa in gioco personale e la seconda demolendo totalmente la persona ed impedendo di vedere margini di cambiamento.

Se il rapporto con gli insegnanti (o un insegnante) non ha funzionato, è sempre bene chiedersi se possa esserci stato qualcosa nel mio atteggiamento di partenza che a determinare un atteggiamento ostile da parte di altri.

Anche nel caso poi in cui abbiamo effettivamente trovato sul nostro cammino una persona che ci ha preso in antipatia a priori, è bene riconoscere che sapersi relazionare con persone ostili può rappresentare un’importante lezione di vita: colleghi, capi, vicini di casa, clienti, ecc. possono essere persone con cui fatichiamo a sintonizzarci, ma essere costretti a farlo per causa di forza maggiore.

Se invece sentiamo che il problema ha a che fare con il modo in cui noi abbiamo affrontato il nostro compito, darsi dell’incapace servirà solo a farci percepire l’impossibilità di cambiare alcunché della nostra situazione. Ben diverso invece è pensare a quanto accaduto come l’esito di qualcosa che dobbiamo e possiamo capire e cambiare, per poter vivere in modo diverso l’anno che verrà.

Un’altra trappola mentale molto rischiosa è l’identificazione con il fallimento, ovvero passare dall’idea di aver fallito un obiettivo, a quella di essere un fallito. Più che mai in questo caso è importante che riconoscere l’infondatezza di questo pensiero e riattivarsi quanto prima impegnandosi in un compito che ci restituisca senso di efficacia e di padronanza personale, dandosi da fare per un obiettivo significativo, utile, appagante.

Evitate queste trappole, possiamo concentrarci sulle risorse di cui parlavamo: ma quali sarebbero queste risorse?

  • “Ripetere aiuta”, dicevano i latini. È stato infatti ampiamente dimostrato che riprendere in mano cose già sentite o studiate anche molto tempo prima, permette alla mente di memorizzare le cose meglio e con minor fatica, perché si hanno già a disposizione alcuni elementi di base che dobbiamo solo ampliare e solidificare.Grazie alla minor fatica che si dovrebbe fare per apprendere, diventa quindi possibile provare a sperimentare nuovi metodi di studio personali, che in un anno pieno di difficoltà potrebbe essere più difficile tentare, a causa dell’insicurezza relativa al nostro rendimento.
  • Fermarsi e ripartire è meglio che proseguire traballando. L’idea “non mi interessa come, l’importante è passare” è molto spesso totalmente fallimentare. Accumulare buchi da rattoppare finisce per essere una strategia deleteria da molti punti di vista: non si padroneggiano mai realmente le conoscenze, si finisce per avere un’immagine personale poco sicura e padrona della situazione, aumentano l’ansia e l’insicurezza, si finisce per essere “quello che si salva sempre per il rotto della cuffia”. Al contrario darsi la possibilità di far propri gli argomenti con sicurezza per creare basi più solide da cui partire, permette di muoversi poi con maggiore disinvoltura, evitando fatica e frustrazione negli anni a venire.
  • aria nuova! All’interno di un gruppo si può finire per incarnare un determinato ruolo dal quale è difficile staccarsi (il somaro, il lazzarone, il prepotente, il menefreghista, ecc.), e che finisce per compromettere la nostra possibilità di esprimere liberamente il nostro potenziale. In questo senso il fatto di dover ricominciare in un gruppo diverso, può rappresentare un’occasione di rimessa in gioco positiva, magari grazie alla possibilità anche di scegliere una classe che (almeno sulla carta) offre maggiori possibilità di integrarsi al meglio.
  • Cambio di rotta? In questo caso il discorso vale in particolare per le superiori, ma potrebbe essere applicato anche ai ragazzi più piccoli, magari per la scelta di corsi sperimentali particolari. L’occasione di ripetere un anno scolastico può offrire infatti l’opportunità di ripensare un percorso di studi che, al momento della scelta iniziale, si immaginava diverso da come si è poi rivelato, optando per una scelta più vicina a ciò che cercavamo. Se da una parte è vero che per cambiare scuola non serve essere bocciati, è vero anche che doversi inserire in un corso con materie nuove, magari mai fatte prima, potendosi concentrare solo su queste e contando sull’effetto ripetizione per tutte le altre (generalmente italiano, matematica, storia, ecc.), semplifica le cose, dando la possibilità di un inserimento più morbido.
  • Guardiamoci negli occhi… è possibile imparare molto più da un fallimento che da un successo, se si guarda con attenzione ciò che è accaduto e si cerca di riflettere con senso critico su ciò che non è andato come doveva andare. Fare in modo che il ragazzo riconosca la propria responsabilità ed esprima le proprie idee con consapevolezza offre la possibilità per maturare ed assumere la guida del proprio percorso, perché può capire sulla propria pelle che, alla fine, chi si scontra con un anno perso è lui: non i professori, i genitori, i compagni, il preside o altri…

Se finora alcune scelte erano state vissute in modo passivo o superficiale, dover rendere ragione di un anno perso può spingerlo a cambiare approccio, adottandone uno più adulto.

Un anno non si perde o si guadagna soltanto in base all’esito di un percorso scolastico: ci sono promozioni che faranno perdere molti anni in prospettiva e bocciature che ne faranno guadagnare altrettanti a lungo termine.

Nessun percorso può essere giudicato da un solo passo, ma dal modo in cui questo passo si inserisce tra gli altri, perfino quando sembra essere un passo falso.

2 Comments

  1. blank Daniele Aspesi ha detto:

    Bell’articolo, bravo Carlo!

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