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Ai bambini si dice che le bugie abbiano il naso lungo e le gambe corte, metafora del fatto che si leggono in faccia e non fanno andare molto lontano, ma la realtà dei fatti non è proprio così.

Come si fa a smascherare le menzogne? Esiste un modo per accorgerci quando qualcuno ci sta dicendo una bugia?

Il problema di scoprire i bugiardi è certamente uno dei più significativi della storia dell’umanità, se è vero che perfino nell’antico testamento una delle dieci regole universali dati da Dio all’umanità riguardava esattamente il fatto di non mentire sotto giuramento.

Si sa che la cosa non è servita a risolvere il problema, né hanno ottenuto risultati molto più efficaci i vari servizi segreti che nel corso del novecento hanno inseguito fantomatici sieri o macchine della verità.

Verrebbe da dire che la questione è un causa persa, per noi poveri mortali che non disponiamo di tavole della legge, macchinari sofisticati o strani mix farmacologici.

Ma le cose stanno davvero così?

Ovviamente la psicologia non poteva evitare di incuriosirsi rispetto al fenomeno comunicativo della menzogna, cercando di coglierne le peculiarità e svelarne le dinamiche, a volte ideando strumenti di analisi e microanalisi della comunicazione verbale e non verbale alla ricerca del dettaglio rivelatore, il più sofisticato dei quali è probabilmente il FACS di Ekman e Friesen.

Certamente il ventaglio di tipologie di menzogne e mentitori è talmente variegato da meritare probabilmente un discorso a sé: dalla bugia bianca alla truffa, dal bugiardo a fin di bene fino a quello patologico certamente non è possibile considerare alla stessa stregua situazioni tanto diverse nelle premesse e nelle conseguenze. Tuttavia alcune ricerche sembrerebbero poter identificare alcuni stili caratteristici della menzogna, correlati a situazioni relazionali caratteristiche.

Il discrimine fondamentale sembra essere se colui che mente pensa che il suo interlocutore sia sospettoso o meno: a seconda infatti che si senta o meno gli occhi puntati addosso, il mentitore tenderebbe ad adottare due modalità differenti per piazzare la sua bugia.

Nel caso in cui sente che l’altro non è prevenuto nei suoi confronti, il mentitore tende più frequentemente ad adottare uno stile prolisso ed ambiguo: le parole diventano una specie di cortina fumosa nella quale far perdere l’altro per non far distinguere verità e finzione.

Nel caso in cui invece chi dice una bugia si sente “sorvegliato speciale” tende maggiormente alla modalità “piazza la bomba e scappa”, preferendo frasi brevi, stringate.

Anche la voce tenderebbe a cambiare nelle due situazioni: molto modulata e variegata nel primo caso, più tenue e monotòna nel secondo.

Problema risolto? Ahinoi no, perché in realtà le osservazioni si basano principalmente su variazioni possibili, che si potrebbero riscontrare come alterazioni in uno stile comunicativo noto. In pratica, se una persona generalmente parla in modo stringato ed essenziale, è possibile che, dovendo raccontare una bugia ad una persona che crede non sospettare nulla, adotti uno stile più prolisso.

Ciò significa che è possibile, al massimo, riuscire ad intercettare bugie di persone con cui siamo in rapporto stretto, e di cui conosciamo il modo abituale di parlare.

Anche in questi casi, tuttavia, lo smascheramento non è così automatico o scontato: le variabili che possono portare una persona ad apportare modifiche al proprio stile comunicativo possono essere moltissime: stato di salute, stato emotivo, tempo disponibile, contenuto del messaggio, contesto in cui si svolge la comunicazione, ecc.

Di fatto un aspetto interessante evidenziato dalla ricerca è che sembra esistere un vero e proprio “sesto senso” della menzogna, per cui chi è bravo a raccontare frottole è anche maggiormente capace di smascherarle. La spiegazione fornita a questo riscontro è che persone molto competenti sul piano comunicativo, capaci quindi di gestire e manipolare in modo più efficace i diversi livelli comunicativi (verbale, non verbale, mimico, ecc.) siano anche più capaci di accorgersi di incongruenze nelle comunicazioni altrui, svelando la bugia.

Come dire che il modo migliore per imparare a scoprire le bugie è quello di iniziare a raccontarle…

 

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