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Molti pensano che la terapia della coppia sia un percorso utile solo quando la coppia è in crisi a causa di un tradimento, un disamoramento o quando compare sulla scena il rischio di una rottura definitiva.

Se in questi casi la terapia della coppia non solo è raccomandata, ma inevitabile (sempre che non si sia già andati oltre un punto di non ritorno), il percorso congiunto di due partner può essere utile in situazioni diverse, anche individuali.

Vediamo perché.

Una coppia assomiglia per molti versi ad un organismo vivente che nasce, cresce, evolve e addirittura può generare qualcosa di suo (non necessariamente un figlio, ma quella è un’ipotesi).

E come tutti gli organismi viventi, ahi noi, muore: a volte di vecchiaia, a volte per qualche male che sopraggiunge a compromettere il benessere raggiunto.

Le malattie delle coppie si chiamano crisi, e i sintomi di una crisi di coppia sono noti a chiunque ne abbia vissuta una: perdita di interesse verso l’altro e del senso di complicità, perdita del supporto e riconoscimento reciproco, senso di incomprensione. Litigi e tradimenti possono essere una conseguenza di questo, come il raffreddamento sessuale, sebbene ogni coppia abbia poi modalità peculiari e specifiche di manifestare la propria crisi.

Se è vero però che la coppia può essere paragonato ad un organismo vivente, è certamente un organismo molto particolare, perché è composto da soggetti distinti ma al contempo connessi dal rapporto che li lega e che li influenza reciprocamente.

Un esempio di questa influenza possono essere i differenti modi di comportarsi che ciascuno manifesta dentro e fuori dalla coppia. Nulla di strano o di malsano: agire in modi diversi all’interno di relazioni diverse (ovviamente entro certi limiti di coerenza individuale…) rientra in quella versatilità innata, che si può poi declinare in base alle attitudini individuali, alla storia vissuta e al modo di essere del singolo.

Proprio entro queste differenze possono però generarsi dei “cortocircuiti”, degli “errori di connessione” con risonanze ed effetti sulla coppia, il cui equilibrio viene messo in crisi.

Non sempre però il disagio si manifesta come problema del rapporto: in alcune situazioni anche problemi individuali possono essere il risultato di tensioni e difficoltà nella coppia, che uno dei due partner manifesta, a volte anche senza rendersene conto.

Pensare alla terapia di coppia come rimedio da valutare solo quando il rapporto scricchiola può essere un’idea riduttiva, se non addirittura rischiosa.

Trovare insieme una nuova via.

Dire che la coppia è un organismo che vive della composizione dei suoi membri significa quindi che ogni elemento di ciascuno contribuisce alla definizione della coppia stessa, perfino i punti di debolezza. Cambiare queste “debolezze” individuali, al di fuori di un percorso congiunto, potrebbe paradossalmente indebolire una coppia invece che rinforzarla.

Non è azzardato dire che ogni cambiamento personale significativo diventa necessariamente anche un cambiamento di tutte le relazioni significative che una persona vive: superare un problema di ansia e tornare a vivere liberamente, o uscire da una depressione e ritrovare energia e propositività, riuscire a perdere peso e ottenere un’immagine di sé soddisfacente sono tutti cambiamenti che si riflettono anche sui rapporti intorno a noi, che sono chiamati a trovare un nuovo modo di interagire con noi.

Per questo motivo affrontare il cambiamento in modo condiviso può semplificare il percorso nel suo complesso.

Condividere le risorse, dimezzare la fatica.

Oltre a questo aspetto ne esiste un altro molto importante: il gioco di squadra permette a ciascuno di beneficiare anche della risorse dell’altro, oltre a permettere di creare occasioni di complicità.

In una terapia di coppia ciascuno dei partecipanti può contare sulle risorse, sui punti di vista, sui contributi degli altri, avendo quindi un aiuto importante.

Quando dico “ciascuno dei partecipanti”, intendo dire anche quello che può essere visto inizialmente come “accompagnatore”: un percorso congiunto permette di far emergere più facilmente i modi con cui, anche chi è vicino al sofferente, può contribuire ad uno sviluppo positivo o negativo della situazione, o rendere visibili dei nodi prima ignorati o sottovalutati.

Portare alla luce questioni non evidenti

Non sono rari poi i casi in cui una coppia (o una famiglia) conviva con un problema o una situazione talmente abituale da essere diventata invisibile dall’interno, ma magari sempre più impegnativa e causa di sofferenza.

Parenti invadenti (o totalmente assenti), lavori totalizzanti, routine scomode e sacrificate sono gli esempi più frequenti tra i problemi di cui sto parlando.

Questi problemi coinvolgono entrambi i partner, sebbene in modo diverso, poiché uno può essere più comodo in questa posizione, mentre l’altro più provato. Generalmente è proprio quest’ultimo che può a un certo punto trasformare questa sofferenza in insofferenza e malcontento verso la coppia.

In questi casi (non sempre identificabili a priori, perché il problema è diventato parte della vita anche di chi lo patisce, che quindi può non riuscire a riconoscerlo immediatamente) un lavoro individuale rischia di trasformare il percorso personale in un conflitto di coppia.

Prima o poi infatti la persona dovrà scegliere se continuare a star male, o comunicare all’altro che non è più disposto a subire determinate situazioni, e questo potrebbe portare a uno scontro.

Al contrario, affrontare il percorso insieme attraverso una terapia della coppia permette di tornare a vedere insieme eventuali difficoltà e quindi a condividere anche la costruzione di un nuovo modo per affrontarle.

Quando pensare a una terapia della coppia?

Alla luce di quanto detto può quindi essere più facile capire perché una terapia della coppia può essere utile anche quando il problema non è una crisi del rapporto.

Una delle prime domande che faccio sempre a chi arriva in terapia è se c’è qualcun altro che vorrebbe coinvolgere nel percorso di cura. Questa domanda coglie molte persone di sorpresa, come se fosse un’ipotesi curiosa: se il problema è mio, perché dovrei venire con qualcun altro?

La riposta è negli esempi sopra riportati: le relazioni che viviamo, soprattutto quelle più strette, sono parte del nostro stesso percorso, sia quello che abbiamo alle nostre spalle, sia quello che abbiamo davanti. In questo senso il coinvolgimento attivo di un partner rappresenta non solo un’opzione, ma una risorsa importante in un momento di cambiamento e di riorganizzazione da parte della persona.

Questo non significa ovviamente che diventa sempre necessario, ma che può rappresentare un elemento aggiunto o un cardine importante anche in situazioni in cui non risulta immediatamente evidente il coinvolgimento di un partner.

Certamente una prospettiva di questo tipo può aiutare a scoprire nuovi punti di vista: spesso una condizione essenziale per arrivare a promuovere un significativo e duraturo cambiamento.

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