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Vi piacerebbe entrare nella testa di vostro figlio e sapere cosa pensa di voi?

Siete sicuri di sapere come vi vede?

Sono sicuri che per molti questo interrogativo rappresenta una curiosità pungente, o almeno stuzzicante: generalmente siamo abbastanza convinti di trasmettere un’immagine chiara di noi, grossomodo coincidente con quella che noi stessi abbiamo.

Le cose però non sono sempre esattamente così. Per la verità non lo sono quasi mai.

Un facile esempio può aiutarci a capire meglio: provate a ricordare come vedevate voi i vostri genitori quando avevate 15 anni.

Ve lo ricordate?

Vi ricordate quali erano le cose che, ai vostri occhi, erano più importanti per loro?

Bene. Da genitori, oggi, quanto vi sentite aderenti a quella idea che avevate e quanto ne siete diversi?

Vi sorprenderebbe sapere che, di fatto, i vostri figli hanno verso di voi la stessa distorsione che avevate voi con i vostri genitori?

Un sondaggio di cui ho trovato i risultati in rete offrono uno spaccato interessante rispetto a questa curiosa “distorsione intergenerazionale reciproca”, se vogliamo usare un parolone.

Purtroppo non sono riuscito a trovare la fonte dei dati (se qualcuno riesce a segnalarmela, gliene sarei grato), ma i risultati sono decisamente interessanti e chiari.

In pratica è stato chiesto a degli adolescenti quali siano le cose più importanti per i loro genitori e per più loro stessi e, specularmente, ai genitori è stato chiesto quali siano le cose a cui pensano di più i loro figli, e quelle a cui loro stessi sentono invece di dare maggiore importanza.

I risultati hanno dato un responso interessante, perché mette molto bene in evidenza la totale differenza nel modo in cui ci si percepisce e si è percepiti dall’altro.

Iniziamo intanto dai risultati su “il cervello degli adulti” (le percentuali superano il 100% perché, evidentemente, era possibile dare più di una risposta):

adolescenti

Come forse molti convengono, il pensiero che maggiormente occupa le preoccupazioni dei genitori è dato (almeno secondo il sondaggio) dai figli. Molto distaccati e a parimerito, arrivano lavoro e famiglia, e ancora più giù si trovano hobby, amici e un irrisorio 5% di persone che pensa al riposo.

Lo sguardo dei figli tuttavia non percepisce questa visione. Al primo posto, secondo l’adolescente medio, gli adulti mettono il lavoro, seguito a pari merito dalle preoccupazioni per la salute e dalle lamentele varie, a cui seguono le preoccupazioni familiari, quelle economiche ed un bisogno di controllo.

Troppo spietati?

Aspettate di passare dall’altra parte di questo strano “esperimento”…

i risultati relativi allo sguardo sugli adolescenti non sono infatti meno interessanti.

adolescenti

Secondo gli adulti, infatti, più della metà dei pensieri dei figli sono relativi a videogiochi, un terzo ai social, e fette più piccole sono per le regole familiari e le amicizie virtuali. Briciole vanno ai genitori e allo studio.

Se gli adolescenti stessi non mettono al primo posto la scuola, è pur vero che sul resto la visione è profondamente diversa: videogiochi e tecnologia rappresentano infatti una fetta più ridotta di quella percepita dagli adulti, e sostanzialmente uguale a quella attribuita alle amicizie e la musica. Completa il quadro un più generico “problemi”.

Come ho detto, non conosco la fonte dei dati, né il modo in cui sono stati effettivamente raccolti, o il campione di riferimento, ma la cosa non perde, a mio giudizio, il suo fascino e il suo valore.

Al di là del fatto che i dati sopra riportati siano validi o meno, aggiornati o meno, ciò che mi pare importante è l’occasione che offrono per riflettere su come l’immagine che noi abbiamo in mente di noi stessi, e quella che trasmettiamo a chi ci è vicino possono essere molto diverse tra loro.

Tali differenze possono poi tradursi in difficoltà di comprensione reciproca in un momento di confronto più impegnativo, perché creano cornici diverse per lo stesso messaggio: io lo dico in un senso, tu lo intendi in un altro.

Alcune utili domande potrebbero quindi essere:

Cosa faccio io per far capire quello che è importante per me?

Cosa faccio io per rimandare l’idea che l’altro erroneamente si è fatto?

Cosa posso fare per cambiare l’idea sbagliata che l’altro si è fatto?

Tre semplici quesiti che possono aiutare a cambiare i punti di vista.

Il nostro e quello delle persone a cui vogliamo bene.

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