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Aprile 11, 2016Un piccolo miracolo è avvenuto a Milano, passato quasi sotto silenzio su tanti media e giornali: per la prima volta nella storia nel capoluogo lombardo il teatro ha battuto lo sport.
Gli abbonati al Piccolo Teatro hanno infatti superato quelli allo stadio di San Siro per entrambe le squadre milanesi: 25.000 abbonamenti al Piccolo Teatro, contro i 19.500 del Milan e 22.000 per l’Inter.
Il dato, che certamente muoverà l’ironia di qualche tifoso di altre squadre, appare ancor più interessante se si considera che quasi la metà degli spettatori che hanno assistito agli spettacoli sono persone under 30, quindi non certo appartenenti ad una generazione di veterani del teatro (fonte: Avvenire, 2 febbraio 2016).
Certamente la notizia va letta all’interno di una cornice più ampia, che non può non considerare anche l’aumento delle persone che segue il calcio da casa tramite pay-tv. Anche considerato questo aspetto tuttavia penso che sia certamente incoraggiante e stimolante riconoscere l’interesse riscosso anche tra i giovani da una forma d’arte data per anni come in crisi e morente.
Cosa c’entra una notizia di questo tipo con un blog che parla di psicologia, si chiederà forse qualcuno. La risposta è presto detta.
Il teatro può essere considerato per certi versi una delle primissime forme di psicoterapia inventata dall’uomo: Aristotele ideò a questo proposito il concetto di catarsi tragica per esprimere il vissuto attraverso il quale chi vedeva il teatro, immedesimandosi nei personaggi, riusciva a liberarsi delle proprie tensioni, purificando il proprio animo.
La psicologia stessa ha a lungo dialogato (e tutt’oggi continua a farlo) con il linguaggio teatrale: moltissime tecniche (la più famosa delle quali è forse lo psicodramma) ricorrono alla messa in scena di “copioni personali” per attraversare e superare le proprie difficoltà emotive.
Anche al di fuori di queste pratiche più strutturate, il teatro è certamente uno degli strumenti più utili per aiutare le persone a vincere diversi tipi di problemi personali di natura psicologica, come ben sanno le migliaia di persone che coltivano questa passione a livello amatoriale, non solo come fruitori, ma anche come interpreti.
Tra i maggiori benefici che si possono ottenere dalla pratica teatrale, possiamo certamente considerare l’incremento dell’autostima e della sicurezza personale offerta dalla possibilità di “mettersi in scena” attraverso la rappresentazione teatrale.
Sono moltissime le persone che hanno imparato ad affrontare ansia sociale e ansia prestazionale attraverso questa passione, che li ha letteralmente “sbattuti davanti a decine di persone”.
Molto importante è anche la possibilità di prendere contatto in modo nuovo e particolare con il proprio corpo e le proprie emozioni: imparare a usare il corpo per esprimere quello che un copione richiede, andare a riprendere emozioni e vissuti personali, anche solo in modo ludico, per poterli esprimere in modo convincente, sono prassi che aiutano a conoscersi e familiarizzare con se stessi.
È proprio questo che porta molti adolescenti ad approcciarsi a questa attività nei propri anni dello sviluppo, per la possibilità offerta di attraversare i cambiamenti personali sperimentandosi, mettendosi in scena, mettendosi alla prova e provando altri modi di essere, pur continuando a restare sé stessi.
In questo sono evidenti poi le ricadute benefiche a livello interpersonale e di competenza sociale: al di là dei benefici del far parte di una compagnia, di un gruppo che lavora in modo finalistico per un obiettivo comune non competitivo ma collaborativo permette anche a persone più timide ed impacciate di sentirsi al sicuro in un gruppo che ha bisogno di lui/lei, come lui/lei di loro.
Alla luce di queste considerazione penso sia ancora più incoraggiante la notizia dalla quale siamo partiti, con la speranza che quello che è sembrato essere uno strano frutto del caso, diventi invece una lieta nota sempre più frequente e diffusa.