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Novembre 23, 2017Recentemente ho voluto controllare i dati d’accesso al mio blog, ed in particolare quali fossero le principali parole chiave cercate dagli utenti del mio sito, e il risultato mi ha così sorpreso, da spingermi ad una riflessione che vorrei qui condividere.
Ovviamente chi cerca uno psicologo su internet lo fa principalmente per problemi emotivi e relazionali, per cui storicamente le voci più cercate sono sempre state parole come “ansia”, “depressione”, “attacchi di panico”, qualche volta “problemi di coppia”.
Certamente queste voci, proprio perché molto ricercate, sono anche quelle che vengono condivise più facilmente da altri siti che come il mio si occupano di psicologia e dintorni, e che per ragioni di visibilità e posizionamento, sono molto più frequentati del mio.
Anche la geolocalizzazione, cioè la definizione territoriale ha sempre occupato posti piuttosto rilevanti nelle graduatorie segnalate da google, per cui l’indicazione “psicologo gallarate”, che per altro è anche il dominio stesso del mio sito, ha sempre raggiunto posizionamenti elevati.
Questa volta però l’espressione più cercata tra quelle di accesso a psicologogallarate.com è stata “crisi esistenziale”: un’espressione che certamente rimanda a problematiche di ordine emotivo, ma da un punto di vista molto più complesso e personale rispetto alle altre definizioni.
La cosa che mi ha molto colpito di questo dato è il fatto che questa formula sia molto poco “psichiatrica”, molto poco sintomatica.
Esistono farmaci per l’ansia, per la depressione, per i problemi sessuali, per le dipendenze… ma non farmaci per le crisi esistenziali.
In effetti sono tantissime le persone che arrivano e, dietro ad un sintomo più o meno circoscritto, chiedono aiuto su questioni che in realtà coinvolgono diversi ambiti della loro vita.
Talvolta qualcuno (anche tra gli addetti ai lavori) predilige definizioni dei problemi più focalizzate, più circoscritte e definite con chiarezza: la folla mi mette a disagio, da un mese mi sento sempre triste, non esco più di casa… mentre vede come ingestibili definizioni più indefinite come questa.
Personalmente ritengo che una visione troppo sintomatica dei problemi psicologici rischi di far perdere alla psicologia il suo principale punto di forza, la sua specificità: l’attenzione rivolta alla persona nel suo complesso.
In medicina la prassi è sempre quella di “scomporre” la persona in parti sempre più specifiche: il cuore al cardiologo, il fegato all’epatologo, il sistema nervoso al neurologo, ecc.
Questo ha portato a sviluppare l’idea che la cura sia sempre il trattamento di sintomi specifici, definiti e delimitati, un pensiero che però non vale nell’ambito delle emozioni e delle relazioni, dove al contrario la persona è sempre un tutt’uno, e quindi le “contaminazioni” tra aree diverse sono ovvie.
Ovviamente ciò non significa che il malessere psichico sia un polverone indistinto senza capo né coda: iniziare a definire alcuni elementi cardine del problema è essenziale, tuttavia un’eccessiva parcellizzazione del discorso rischia di essere fuorviante.
La “crisi esistenziale” è una delle espressioni con cui questo concetto viene sintetizzato quando il problema raggiunge il suo apice.
Più semplicemente i clienti al primo colloquio mi rimandano la stessa idea dicendo “non so da che parte iniziare…”, a volte rivelando le diverse sfaccettature del problema incontro per incontro.
Basaglia diceva che “considerare il malessere psicologico come qualsiasi altra malattia fisica è come paragonare i cani con le banane”, perché la loro essenza è sostanzialmente diversa.
Per quanto mi riguarda, condivido a pieno questa visione e la necessità di uno sguardo che sappia guardare la persona nella sua complessità, evitando banalizzazioni e semplificazioni di problemi e sintomi.
Spesso chi dice di essere in crisi esistenziale viene visto come esagerato, o come portatore di una richiesta impropria.
Personalmente io vedo in questa richiesta invece una grande consapevolezza: la consapevolezza che ogni aspetto di noi è connesso a tutti gli altri e a quelli di chi ci circonda, anche quando questi ambiti sembrano lontani.
Ed è solo con questa consapevolezza che diventa possibile preparare il terreno per un reale ed efficace cambiamento.